Posted in: I luoghi visitati da Maja, Italia, Lazio, Paesi, borghi e città

Celleno, il papero Ascanio e la pecorella Gisella.

Corre l’8 di gennaio dell’anno 2022; Maja, dopo la sosta a Vitorchiano, si avvia a nord in direzione delle mistiche terre umbre, lungo le verdi valli viterbesi, note ai più per la loro rara ricchezza idrografica.
A pochi passi dal fosso Calenne la nostra eroina scorge uno strano papero, buffo nei movimenti ed eccentrico nel vestiario; anche il pennuto si accorge di Maja e, starnazzando con ossessione, tenta di richiamare la sua attenzione.
“Signorina Maja, signorina Maja, mi permetta di presentarmi. Sono il papero Ascanio, antico erede della dinastia degli Ascani. Non so se lei sa… Ma, poco più avanti, a circa 900 metri da qua, esiste un borgo fantasma chiamato Celleno, con una particolarità unica negli universi; appare soltanto nei minuti pari delle ore dispari dei giorni pari dei mesi dispari degli anni pari.
E si dà il caso che a breve ci troveremo proprio in quella congiuntura temporale e, vista la straordinaria opportunità, qualora a lei fosse venuta la curiosità di visitarlo, sarei onorato di scortarla”.
“Nobile Ascanio” gli risponde Maja “La ringrazio per la sua offerta ma, come è noto anche a Lei, a causa della maledizione di Morana, oggi non è semplice entrare nei luoghi e non vorrei che scoprendo chi sono, ossia un’estranea priva dei documenti di questa regione, non mi lasciassero entrare”.
Ma Ascanio la rassicura: “Di questo, mia dolce Maja, non ti devi preoccupare; nel borgo di Celleno questo problema non c’è; si lasciano entrare tutti sia i sani che i malati, sia i credenti che i riluttanti.
“E non è pericoloso?” chiede con timidezza la fanciulla.
“No, non lo è” controbatte con decisione Ascanio “A Celleno gli effetti della stregoneria vengono annullati; per esempio, chi entra nel paese già contagiato, nel varcar la soglia, viene mondato.
E ti dirò di più, lì potrai carpire nuovi segreti su come neutralizzare l’incantesimo della perfida strega anche nel resto degli universi”.
“Beh, se le cose stanno in questo modo” replica Maja con rinnovato entusiasmo “Non vedo perché non dovrei accettare la tua interessante offerta. Per me possiamo anche andarci subito!”
Detto, fatto e, trovata l’intesa, l’improvvisata coppia si mette subito in marcia;
Ascanio si muove quasi twerkando mentre Maja cammina con passo deciso e regolare.
I due giungono alla volta di Celleno alle 10 e 59 ma, nonostante si trovino a pochi mignoli dalla porta principale del paese, davanti ai loro occhi appare soltanto un verde pascolo collinare.
“Siamo arrivati!” Esclama trionfante Ascanio come se, anziché qualche centinaio di metri, avesse percorso migliaia di chilometri.
“Ma io non vedo niente” gli risponde Maja non nascondendo la sua delusione.
“Per forza” riprende il papero “lo spazio è giusto, ma il tempo è ancora sbagliato; per fortuna, si tratta di una situazione provvisoria e tra pochissimo non solo il luogo, ma anche il momento sarà perfetto”.
E, in effetti, malgrado l’incredulità di Maja, non appena la locale meridiana indica le 11 e 00, appare come per incanto, materializzandosi di fronte alle luccicanti iridi de due visitatori, l’antica Celleno in tutta la sua rusticità.
A mostrarsi non sono solo le case, ma la vita: le persone che affollano il borgo, gli animali che scorrazzano per le vie, i rumorosi banchi di mercato, gli stravaganti mezzi di trasporto e oggetti di ogni forma e dimensione.
All’ingresso del paese, una freccia indica: “Casa della pecorella Gisella e di sua sorella”.
Ascanio fa cenno a Maja che quello è il posto in cui devono andare e, dopo un immediato segno d’intesa della ragazza, i due si dirigono, addentrandosi nell’abitato, nella direzione del segnale. 
Lungo la via si imbattono in Ornello, un locale asinello assai curioso, che, dopo essersi fatto riccamente i fatti suoi e aver preteso di conoscere vita, morte e miracoli di Maja e di Ascanio, consiglia loro la via più agevole e veloce per raggiungere Gisella e la sorella.
Il pennuto e la ragazza lo ringraziano per l’informazione e per sdebitarsi del gradito suggerimento raccolgono, prendendolo da un vicino capannone, un po’ di fieno per lui.
Quindi, riprendono il cammino che si rivela più corto del previsto; percorsi pochi metri, difatti, arrivano a destinazione dove ad attenderli c’è un enorme portone arancione con dei tanto pesanti quanto intarsiati pitocchi. Sul portone è affissa la scritta: “Se entrar vorrai, al contempo quattro volte i batocchi batter dovrai”.
Appresa quell’istruzione, Maja e Ascanio si coordinano, armeggiano i battenti e, con ritmo e precisione, al primo tentativo riescono ad avviare il macchinoso ingranaggio di apertura dell’imponente portone.
Appena si crea lo spazio sufficiente per passare i due amici, senza aspettare, varcan la soglia; nel farlo, alzano il capo e il loro sguardo si imbatte in uno sfarzoso cortile in cui, come tasselli di un mosaico, si alternano bacche, piante e germogli.
Al centro della bucolica scena bruca Gisella; poco distante sua sorella.”Beeeee, non aver paura principessa Maja, ti stavamo aspettando. Beee, per favore, vieni qua e siediti vicino a noi; abbiamo alcune cose importanti da dirti; Beee, nel frattempo, prode cavalier Ascanio, potrebbe allisciare il pelo a me e a mia sorella? Se qualcuno non ci aiuta, presto assomiglieremo più a delle cantanti giamaicane che a due batuffolosi ovini. Le saremmo davvero molto grate”.
E così, mentre Ascanio cerca, con estrema fatica, di sbrogliare le intricate matasse di lana di Gisella e della sorella, Maja si accomoda sull’erba tra le due pecorelle e si prepara ad ascoltare il racconto che le è stato annunciato.
“Devi sapere” inizia Gisella “che Morana con il suo sortilegio di pandemia oltre ad aver messo in pericolo la vita di tantissimi esseri viventi ha iniettato nei loro animi qualcosa di ancor più terribile della stessa malattia: la Paura; è grazie alla Paura se Morana oggi riesce a controllare molto più facilmente i mondi e, di conseguenza, ad accrescere ancor di più il suo già terribile potere.
Sappiamo che sono stati creati diversi antidoti per contrastare il virus, ma sappiamo anche che gli effetti salva vita di questi vaccini sono provvisori, limitati nel tempo e che le controindicazioni non sono chiarissime. Purtroppo, questa indeterminatezza provoca un cortocircuito sociale.
E, se da una parte al fine di rassicurare i suoi elettori il potere dominante ridimensiona le fragilità degli antidoti che contrastano la maledizione di Morana, dall’altra una potente setta, sovvenzionata in modo occulto dalla stessa strega, mira a provocare una forte destabilizzazione degli universi manipolando e ingigantendo i dati di quelle fragilità. Nell’un caso e nell’altro si tratta di operazioni politiche che sfruttano la stanchezza e la rabbia dei molti per far acquisire più privilegi ai pochi. Questa dialettica del potere persegue sempre un unico scopo: arricchirsi, se necessario anche attraverso la guerra.
Oggi, infatti, malgrado la conoscenza della storia, si continuano a fare tanti tipi di guerre: verbali, psicologiche, con le armi; tutte accomunate sempre dallo stesso denominatore comune: la violenza. In questo contesto Morana ha gioco facile, ci sguazza! Sa bene che le pulsioni degli esseri viventi, se stimolate, obnubilano completamente le loro menti. Abbiamo poco tempo perché sta acquistando un potere immenso. Ma bisogna provarci e noi ti diremo quello che devi fare. Per contrastare quella diabolica megera e per uscire dalla pandemia devi svegliare le coscienze e stroncare sul nascere la violenza; solo così potrai arginare il diffondersi di una rabbiosa, immotivata e incontrollabile contrapposizione.
Qui a Celleno il nostro locale stregone riesce ad annullare gli effetti della maledizione di Morana, ma, purtroppo, la sua magia non ha effetto oltre le mura della città. Fuori, data la mancanza della protezione del nostro mago,  l’equilibrio andrà ristabilito in modo diverso e tu, Maja, dovrai essere la guida di questa missione; dovrai far capire agli esseri viventi che incontrerai lungo il sentiero che non devono aver paura di raccontare i loro timori e le loro angosce e che dovranno essere in grado di ascoltare anche i più piccoli turbamenti di chi hanno vicino; dovrai accompagnarli a cercare le parole più adatte a definire sia il terrore che si annida dentro di loro sia quello che imperversa al di fuori.
Solo in questo modo gli esseri senzienti non si disuniranno e non si faranno la guerra; solo così riusciranno a scrivere quella legge giusta che li guiderà a convivere nel rispetto reciproco.
Ricorda Maja! In questa fase di passaggio dovrai prestare molta attenzione perché numerose vite potrebbe essere messe in pericolo, sia dalla mancanza di un immediato e deciso intervento, sia da un’operazione imposta con troppa fretta e superficialità. Finché non sarà condivisa un’azione comune, spetterà a te capire come lasciare più margini possibili di libertà tutelando le singole fragilità. Educa l’universo a comprendere la tossicità della rabbia ostinata di Morana e al contempo rintraccia la perfida strega, affrontala e sconfiggila una volta per tutte; con la sua fine l’incantesimo svanirà e tutto tornerà al suo posto”.
Detto ciò, le pecorelle si addormentano e Maja e Ascanio, dopo aver inutilmente provato a svegliarle per salutarle, se ne vanno via. Fuori dal borgo i due si dividono e ognuno va per la sua strada. Dietro di loro, lontano all’orizzonte, affiora il fumo di un’esplosione. I due non si accorgono di quel grigio presagio che non promette nulla di buono.

Posted in: I luoghi visitati da Maja, Lazio, Paesi, borghi e città

Il sacro mistero di Calcata

Maja e Dafne sono in preda allo Sconforto, la loro ricerca non ha dato frutti e, da troppo tempo ormai, non c’è un solo segnale di svolta nel loro cammino.
Dopo essersi trascinate per due giorni lungo la selvaggia Valle del Treja scorgono, disteso su un piedistallo di tufo, l’antico e oscuro borgo di Calcata. La vista dell’abitato è per loro indifferente; accolgono l’immagine del paese allo stesso modo di quelle degli innumerevoli insetti, alberi e sentieri che l’hanno preceduta.
Nonostante gli infiniti affanni Maja e Dafne non hanno scoperto il luogo dove si nasconde Morana e, per questo motivo, ciò che all’inizio per loro era un progetto da realizzare con il susseguirsi dei giorni si è trasformato in un’illusione inafferrabile.
Le due amiche avrebbero desiderato poter pensare al domani con qualche piccola e rassicurante certezza: un luogo dove andare, una direzione da prendere; invece, nelle loro mani non stringono nulla e, per di più, la violenta pandemia che ha colpito gli universi non ne vuole sapere di allentare la morsa.
Così come il mercurio, percependo il calore, si dirige verso l’alto, allo stesso modo la Nebbia, fiutandone la disperazione, insegue Maja e Dafne e, una volta raggiunte, le avvolge e ripete:

“Fallimento, fallimento, fallimento.”

Riempiendo il vuoto delle loro anime con la Paura e l’Insicurezza.

“Che senso ha continuare a portare avanti questa assurda missione?”

Urlano le loro teste dentro i loro cuori.
Fatiche, speranze e progetti non contano più nulla.
Maja e Dafne hanno perso anche quella piccola e residuale percezione dell’esistenza che con fatica avevano conservato fino a pochi istanti prima.

“Quanto durerà tutto questo? E se anche qualcosa dovesse accadere, quel giorno noi avremo ancora le forze, la lucidità e il tempo per realizzare il nostro progetto?”.

Affollate da queste domande, ma non dalle loro risposte, Maja e Dafne entrano in paese.
Per le strette e sinuose stradine non c’è nessuno.
Il Vento, in perfetto accordo con la Nebbia, sibila un gelido suono che sembra significare:

“La fine di tutto sta per arrivare”.

In quel momento, con un gesto istintivo, le ragazze si prendono per mano: compiono quella azione come se volessero, attraverso il contatto, tentare di recuperare un po’ di calore; come se volessero provare a rivivere quella sensazione di felicità perduta chissà dove durante il viaggio; smarrita in un posto che non ha più né forma, né suoni, né colori; in un luogo che non ha più un nome.
Ma non accade niente, nessuna scintilla si accende.
In uno stato di agghiacciante catatonia raggiungono l’affaccio sull’orrido più profondo di tutta la regione. Lì, una magnetica forza di gravità sembra attirarle verso il burrone.
Maja e Dafne chiudono gli occhi e, come se fossero un unico corpo, avanzano, piano ma senza esitare, verso quel nulla privo di ritorno.
Quando mancano un paio di passi all’inevitabile caduta, una voce, improvvisa e inaspettata, le ferma.

“Maja, Dafne il vostro tè è pronto!!”

Le ragazze aprono gli occhi. Guardano il precipizio sotto di loro e con un piccolo balzo si tirano indietro. Si rendono conto che si stanno tenendo per mano e, d’istinto, stringono la presa più forte come per assicurarsi di non essere saltate giù. Poi, si voltano in direzione della salvifica voce e scorgono sul far di un uscio una dolce vecchina che, guardandole amorevolmente e con tono materno e deciso, riprende a parlare:

“Su, forza! Che aspettate? Entrate dentro casa. Non vedete come siete ridotte? Dovete recuperare spirito ed energia.
Ma che sono quelle facce?
Coraggio! Morana è più vicina di quel che sembra.
La vostra missione presto si compirà e ogni cosa andrà come deve andare”.

Maja e Dafne, incredule, si guardano e accennano un sorriso.
Poi le tre, dopo essersi tirate dietro la porta, entrano in casa.
Fuori, la Nebbia e il Vento, amareggiati per non essere riusciti a portare a termine il proprio compito, si ritirano e si dirigono, con non pochi timori, verso la dimora della perfida Morana.

Posted in: I luoghi visitati da Maja, Italia, Lazio, Parchi, ville e giradini, Roma

Lungo il parco degli acquedotti

Caffarella

Dopo alcuni mesi dalla partenza di Maja, Mastro Tonio decide di andare a cercarla. Si arrampica sul tetto del mercato e attraversa la botola dove è passata sua figlia. Dall’altra parte si ritrova su una piccola scala con sette gradini. La scende e davanti a lui appaiono vecchie e antiche rovine di gloriosi acquedotti.
Di fronte alla scala c’è un cartello con la scritta: “Devi seguire la direzione dell’acqua se vorrai trovare chi stai cercando”.
Inizia così per l’anziano agricoltore una nuova avventura.
Riuscirà nell’impresa di ritrovare la sua amata fanciulla?

Posted in: Costa e spiagge, I luoghi visitati da Maja, Italia, Lazio, Paesi, borghi e città

Terracina e la magica locanda del gatto bicentenario

Terracina gatto

Dopo aver visitato il Parco Naturale del Circeo Dafne sosta in una vecchia locanda nel borgo marinaro di Terracina.
Sospesa tra le nuvole e il cielo la struttura ricettiva ha un macchinoso sistema d’accesso. Si sale in una cabina della ruota panoramica del parco giochi e, una volta in cima, con un un salto (la cui esecuzione deve essere perfetta in tempistica e lunghezza) si raggiunge l’ingresso.
A quest’ultimo passaggio si deve prestare particolare attenzione; vista la considerevole altezza dal suolo l’impatto con l’asfalto potrebbe risultare letale; pertanto, precipitare di sotto sarebbe imperdonabile! 
All’interno, una hall spaziosa e lussuosa introduce un ambiente più simile al salotto di una elegante dimora nobiliare che alla reception di uno spartano B&B arredato con il mobilio standard dell’universale azienda scandinava. In fondo alla stanza, sopra a un ebenino tavolo semicircolare un grosso gatto tigrato attira con un grande sbadiglio l’attenzione di Dafne.
Il felino stiracchiandosi chiede alla ragazza di avvicinarsi.
“Cara Dafne, sono Gino il gatto bicentenario e ti do il benvenuto nella mia umile dimora. Qui, se vorrai, potrai riposarti e recuperare le energie, oppure avrai l’opportunità di vivere nuove fantasmagoriche avventure al cui termine, ti assicuro, sarai più stanca di prima!! Ah ah ah ah!!!”
“Non ci penso proprio – risponde Dafne – di avventure ne ho fin sopra i capelli. Non vedo l’ora di entrare nella mia stanza, di stendermi sul lettone e di farmi una bella dormita!!! E domani, mio caro vecchio felin Gino, scenderò tardi per la colazione!”
Il gatto con un sorriso sornione prende la chiave numero 101, la consegna a Dafne e la informa: “Giovane viaggiatrice la tua stanza è al primo piano. Ci sono due scale per raggiungerla: quella di sinistra arriva direttamente al tuo comodo giaciglio, quella di destra passa invece per il tempio di Giove.”
Dafne, al suon della parola direttamente, si dirige spedita verso quella di sinistra, ma prima di salire ha un’esitazione e, commettendo un gravissimo errore, si volta a guardare l’altra scala.
Su ogni gradino è incisa una parola. Dafne le legge: “Se salirai per questa via arriverai…”, ma il suo sguardo non riesce ad andare oltre i primi sei scalini perché l’oscurità avvolge nel mistero tutto ciò che è più in profondità. 
“Sono venuta qua per riposare, di tutto il resto non mi devo interessare!” Dice tra sé e sé la migliore amica di Maja.
Ma la curiosità per lei ha lo stesso ineluttabile effetto che ha la tela di un ragno per un insetto; una volta che l’ha irretita non può più scansarla.
Il suo successivo pensiero difatti è: “Potrei almeno finire di leggere la frase; poi, vado a dormire, promesso!” 
E mentre si dirige verso la seconda scala Gino afferra la cornetta di un telefono vintage color amaranto appeso a una colonna marmorea accanto al bancone, compone un numero e avvisa: “Tutto come previsto. La fanciulla sta per arrivare!”

“Se salirai per questa via arriverai dalla Dea Ferronia, ma devi sbrigarti. Ella corre un grande pericolo e senza il tuo aiuto non riuscirà a cavarsela; un violento incendio sta divampando in tutta la zona. È ancora possibile domarlo, ma non c’è un istante da perdere, dovrai incontrare gli spiriti del Monte Sant’Angelo e convincerli a donarti l’acqua sacra del fiume Amaseno”.
Finita di leggere quest’ultima parola Dafne si ritrova all’aperto vicino a un’imponente costruzione; tutto intorno a lei è l’inferno. Deve sbrigarsi prima che il fuoco distrugga ogni cosa.
Ma dove andare per stanare questi spiriti?
Alzando lo sguardo si accorge di essere davanti a un trivio.
Tre cartelli indicano le mete di ogni percorso.
Il primo riporta la scritta: “Stanza 101”, il secondo: “La strada più veloce – nonché l’unica  – da prendere una volta recuperata l’acqua sacra per salvare la Dea Ferronia dalle fiamme” e il terzo “La casa degli spiriti di Monte Sant’Angelo”.
Dafne si avvia con buona lena per quest’ultima via; vorrebbe sbrigarsi, ma ben presto è costretta a rallentare; il calore del fuoco le toglie il fiato, riesce a respirare solo nelle zone meno fuligginose con evidenti ripercussioni sulla sua andatura.

Passa il tempo; la strada non conduce in alcun luogo. Dafne è sfiancata e l’aria sempre più torrida e rarefatta. Dopo due ore si lascia cadere a terra urlando per la disperazione: “Spiriti dove siete? Saranno milioni di secondi che vi sto cercando!”.
“Ah ah ah” “Ma noi siamo sempre stati vicino a te!” “Aspettavamo un tuo cenno” “Iniziavamo a pensare che avessi sbagliato strada!” “Dicci, giovane Dafne, perché ci stai cercando? Cosa vorresti da noi?”.
Si alternano voci differenti provenienti da invisibili entità immateriali.
“Vi stavate, forse, burlando di me? Non è divertente!!!! Devo portare l’acqua sacra del fiume Amaseno alla Dea Ferronia, prima che questo incendio devastante distrugga anche voi sciocchi esseri incorporei!!”
“Acqua sacra?” chiede un primo spirito “Forse, intende la bevanda scura con le bollicine?” domanda una seconda voce mentre un barattolo di Cola Cola compare magicamente nell’aria. “Oppure quest’altra?” rintuzza un terzo spirito e contemporaneamente si materializza una lattina di Arancia ta ta” “No, la bella Dafne allude a questa cosa qua!” Ed è in quel momento che appare un contenitore a forma di donna velata con scritto sul tappo: ‘Acqua sacra del fiume Amaseno – indispensabile per spegnere gli incendi del monte Sant’Angelo'”.
Dafne la afferra al volo e, nonostante il fuoco, si precipita correndo a più non posso all’inizio del trivio.
Da lì si dirige verso la Dea Ferronia che incontra, avvolta dal fuoco, pochi metri più avanti dentro il tempio di Giove.
Prima la raggiunge con un lunghissimo balzo (eseguito svitando il tappo del contenitore), poi le lancia il liquido addosso.
Al contatto con l’acqua sacra tutti i focolai si spengono; non solo le fiamme che avvolgono il corpo di Ferronia, ma anche quelle che si sono diffuse sul resto del territorio.
La Dea ringrazia Dafne per il suo intervento e, di fronte a centinaia di Terracinesi accorsi al tempio per festeggiare la fine del cataclisma, elogia pubblicamente il coraggio e il talento della giovane eroina distrutta ma felice per aver risolto la situazione.
Dopo l’encomio Dafne ritorna al trivio per l’ultima volta e da lì si incammina per il sentiero che dovrebbe finalmente condurla alla sua stanza.
Una porta con incisa una scritta la divide dal suo meritato riposo: “Grazie per aver partecipato al gioco-esercitazione della locanda di Gino. Se sei arrivata fin qui vuol dire che sei riuscita a salvare la Dea e hai vinto un buono extra per la colazione”.

“Dunque, si trattava di una specie di scherzo! Nulla era reale e io ci sono cascata con tutte le scarpe!”

Demoralizzata, oltrepassa il varco e scende per una lunga scala che invece di condurla alla sua camera la porta di nuovo alla reception, dove nel frattempo hanno allestito la sala colazione.
Un orologio affisso sul muro indica le sei del mattino. 
Gino nel vedere la fanciulla le chiede sorridendo e sbadigliando: “Non avevi detto che ti saresti svegliata tardi questa mattina? Vedo invece che sei stata molto mattiniera. Sono contento perché questo vuol dire che hai ben riposato e che hai scelto assennatamente di non partecipare al nostro stressante gioco!”

Posted in: Appennino, I luoghi visitati da Maja, Italia, Lazio, montagne, Monti Simbruini

Gli alberi di Campo dell’Osso

Campo dell'Osso

Valina trascorse diversi giorni, dopo aver sconfitto il terribile Stregone delle Nevi Invernali (vedi la favola di Valina – Monte Livata), a parlare con gli alberi centenari di Campo dell’Osso. Ognuno aveva tante storie da raccontare; il pioppo ne sapeva due o tre molto divertenti, il leccio una decina che facevano morir di paura, ma una più delle altre riuscì a riempire il cuore e l’attenzione della bella eroina e a narrarla fu Rovere la quercia più anziana del luogo.

Il suo racconto cominciò così: “C’era una volta, tanti, tanti, ma proprio tanti anni fa, una bambina dolce e graziosa, proprio come te mia cara Valina. Questa bimba era stata portata nel nostro bosco da una cicogna un po’ miope. Il volatile aveva confuso le nostre chiome con i capelli di un gruppo raggae attendato lungo il litorale di Sabaudia. Fu così che insieme alle orchidee decidemmo di fargli da zii e la chiamammo Soldanella. La piccola cresceva rapidamente e ben presto imparò a stormire, proprio come noi, facendo passare il vento tra i suoi folti capelli (ereditati dai suoi veri genitori).
All’età di quattordici anni Soldanella aveva già costruito 25 case sugli alberi e riusciva a saltare da una chioma all’altra anche se distanti cinque metri tra loro. Con lei eravamo felici; il suo sorriso, la sua voce, le sue capriole illuminavano in modo speciale le nostre vecchie cortecce.
Un giorno, un ragazzo si spinse a esplorare il campo e il suo sguardò incrociò quello di Soldanella. La fanciulla aveva da poco compiuto il suo diciottesimo anno di età e nel vedere per la prima volta nella sua vita un giovane e affascinante coetaneo della sua specie venne inevitabilmente scossa da un brivido e dalla curiosità. Rodomonte, questo era il nome del baldo avventuriero, trovandosi di fronte la bella Soldanella non venne meno alla sua fama di gran seduttore. Cambiò la forma dei suoi occhi e li trasformò in due cuoricini; quindi, dopo essersi presentato, – Sono Rodomonte cavaliere delle terre dell’Aniene, amante della natura e delle selve – iniziò a riempire di complimenti Soldanella e a lodare la bellezze di quel posto. Sodanella che non era abituata agli esseri umani non sospettò che quel ragazzo gentile le potesse mentire, gli permise di corteggiarla e gli rivelò ogni segreto più prezioso del suo amato bosco.
In realtà, Rodomonte era un vile mercenario; aveva ricevuto dall’Imperatore delle Oscure Paludi Infernali il compito di disboscare quelle terre per costruire un’autostrada che collegasse i Simbruini direttamente con il centro dell’inferno. Con l’inganno, esprimendo a Soldanella il desiderio di voler trascorrere del tempo da solo con lei, riuscì a farsi confidare quali fossero il giorno e l’ora in cui tutto il bosco si sarebbe addormentato. Fino a quel momento era a conoscenza soltanto del fatto che, per sessanta minuti, gli alberi sarebbero precipitati in un sonno talmente profondo che neanche il più terribile dei terremoti sarebbe riuscito a interrompere (occasione ideale per perseguire il diabolico piano dell’Imperatore), ma non sapeva quando questa ghiotta opportunità si sarebbe verificata. 
Quando Soldanella si presentò all’appuntamento non trovò un giovane innamorato con gli occhi a cuoricino, ma un esercito di demoni boscaioli pronti a devastare e a distruggere ogni forma di vita. Non c’era più tempo per avvertire i suoi amici; il destino di Campo dell’Osso dipendeva da lei. Dai suoi genitori biologici Soldanella non aveva ereditato solo i folti capelli, ma anche una voce magica; e fu quella voce che le permise di salvare i suoi amici. Intonò una nota acutissima che bloccò l’avanzata dei bascaioli assassini per un’ora. Quando si esaurì il suo canto il bosco si risvegliò e poté dunque scacciar via i demoniaci assalitori.
Purtroppo, a causa dello sforzo la bella fanciulla perse tutte le energie, il suo corpo divenne esile come uno stelo e i suoi capelli si tinsero di viola.
Si trasformò in un piccolo fiore che ogni primavera continua a sbocciare sempre sullo stesso punto del prato di Campo dell’Osso. Proprio lì, accanto a te mia dolce Valina, e così per alcuni giorni ogni anno tutti noi siamo nuovamente felici.

Posted in: Basiliche, abbazie, conventi, templi, I luoghi visitati da Maja, Lazio, Roma

Al Pantheon Maja incontra una vecchia conoscenza

Maja giunge nella Piazza della Rotonda dopo essersi smarrita per i vicoli della Capitale.

Davanti a lei si erge il grande monumento del Pantheon. All’ingresso dell’edificio c’è un gruppo di topi giganti che fa la guardia all’ingresso; Sono loro a decidere chi far entrare e chi no. Appena scorgono Maja sullo sfondo, dopo essersi lanciati uno sguardo tra loro, scattano verso di lei e la raggiungono in pochi secondi. “Entra dentro con noi cara, piccola, Maja. Lei ti sta aspettando da tempo”*.

Posted in: I luoghi visitati da Maja, Italia, Lazio, Parchi, ville e giradini, Roma

Staccioli al Parco della Rimembranza – Villa Glori

Per giungere al luogo deputato all’appuntamento Maja e Dafne attraversano il malinconico e suggestivo Parco della Rimembranza. Qui ulivi e ippocastani incolti proiettano sui sentieri dissestati sinistre e inquietanti ombre. È uno dei tanti parchi di Roma ma, a differenza dei molti altri giardini della città, assomiglia di più a una caverna che a uno spazio aperto e solare.
La persona con cui hanno appuntamento si chiama Mauro Staccioli ed è una specie di mago scultore; appena le vede arrivare, affaticate per l’erta salita, corre loro incontro con una foga che non si addice alla sua età avanzata.
Purtroppo, non può abbracciarle a causa di uno strano virus che sta infettando gli universi grazie al suo alto grado di contagiosità. 
“Dobbiamo agire subito, ragazze. Non c’è più tempo! Siamo le ultime gocce dentro la damigiana” dice loro lo scultore con tono preoccupato.
“Siamo giunti a quel punto in cui tutto può andare bene, ovvero tutto può precipitare definitivamente!
Solo attraverso l'”arte-intervento” potremmo riuscire a mondare il Pianeta!”.
Le parole mondare e “arte-intervento” lasciano perplesse (o meglio basite che in questo caso ci appar più appropriato) Maja e Dafne che non ne conoscono il significato, tuttavia preoccupate per gli oscuri presagi prefigurati dallo ieratico Mauro, decidono di aiutarlo a “mondare” il Pianeta con l'”arte-intervento” seppur totalmente ignare di quel che avrebbero dovuto affrontare.
“Che cosa dobbiamo fare?” Dicono all’unisono le due ragazze.
“Dobbiamo costruire un’enorme ruota di legno e farla girare ovunque; solo così saremo in grado di riconsegnare l’armonia alla Terra e riusciremo a far capire agli esseri umani che il senso della loro vita non è dominare, trasformare e, nei peggiori dei casi, distruggere il Pianeta, ma essere un tutt’uno con ogni elemento che lo compone.
Allora potremo ridare la speranza alla nostra imbarcazione e potremo farla virare evitando inabissarci nei fondali più profondi dell’oceano.

Posted in: I luoghi visitati da Maja, Italia, Lazio, Parchi, ville e giradini, Roma

I parchi di Roma

Andiamo un po’ a scoprire quali parchi e giardini della città eterna Maja, Dafne e Mastro Tonio hanno visitato:

Oltre a quello magico e mirabolante della casa di Dafne (vedi il giardino di Dafne), hanno percorso il Parco Ciclopedonale Monte Ciocci e il Parco della Rimembranza. Mastro Tonio ha poi fatto visita al Parco degli Acquedotti.

Posted in: I luoghi visitati da Maja, Italia, Lazio, Quartieri, Roma

Primavalle, la borgata del sapone

Dopo la drammatica avventura vissuta al Parco del Santa Maria della Pietà, Maja e Dafne passeggiano e si rilassano un poco per le strade e i giardini di una borgata romana a loro ancora sconosciuta; una borgata costruita su una montagna fatta di sapone. Ogni cosa in quel posto è incredibilmente profumata, anche i rifiuti! 

In questa terra dal profumo di marsiglia le due amiche sembrano finalmente aver trovato un po’ di pace e tranquillità! Ma mentre chiacchierano del più e del meno (sfidandosi a risolvere complesse operazioni di aritmetica) sedute su un’altalena, una volpe va loro incontro e, dopo essersi presentata (si chiama Pizzutella), inizia a raccontargli una storia triste e malinconica: “Una volta, tanto tempo fa, in questo luogo magico c’era una specie di astronave spaziale chiamata Galaxy. Chiunque entrasse in quel mezzo interplanetario si trovava immediatamente a viaggiare oltre i confini del suono. O almeno, questo era quello che credeva stando là dentro. In realtà nessuno ha mai capito se in quella specie di macchina del tempo e dello spazio si viaggiasse davvero o si sognasse. Ci si rimaneva sempre, minuto più minuto meno, per un paio d’ore e quando poi si usciva, facendo ritorno al mondo reale, ci si sentiva vivi; a volte malinconici altre felici, ma sempre vivi.
Purtroppo, un giorno più triste e buio di altri, un mostro gigante attraversò il quartiere e distrusse, calpestandola con il suo enorme piede destro, quell’astronave che tanta gente aveva fatto sognare”.
Qui, piangendo, la volpe interruppe il suo racconto; chiese a Maja e Dafne se avessero tempo e voglia di aiutarla a ricostruire l’astronave.
Le due amiche, dopo uno sguardo di intesa, decisero di fermarsi e diedero una mano alla volpe e agli abitanti di Primavalle per rimettere in piedi il vecchio e prodigioso Galaxy.

Back to Top