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Lungo il parco degli acquedotti

Caffarella

Dopo alcuni mesi dalla partenza di Maja, Mastro Tonio decide di andare a cercarla. Si arrampica sul tetto del mercato e attraversa la botola dove è passata sua figlia. Dall’altra parte si ritrova su una piccola scala con sette gradini. La scende e davanti a lui appaiono vecchie e antiche rovine di gloriosi acquedotti.
Di fronte alla scala c’è un cartello con la scritta: “Devi seguire la direzione dell’acqua se vorrai trovare chi stai cercando”.
Inizia così per l’anziano agricoltore una nuova avventura.
Riuscirà nell’impresa di ritrovare la sua amata fanciulla?

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Al Pantheon Maja incontra una vecchia conoscenza

Maja giunge nella Piazza della Rotonda dopo essersi smarrita per i vicoli della Capitale.

Davanti a lei si erge il grande monumento del Pantheon. All’ingresso dell’edificio c’è un gruppo di topi giganti che fa la guardia all’ingresso; Sono loro a decidere chi far entrare e chi no. Appena scorgono Maja sullo sfondo, dopo essersi lanciati uno sguardo tra loro, scattano verso di lei e la raggiungono in pochi secondi. “Entra dentro con noi cara, piccola, Maja. Lei ti sta aspettando da tempo”*.

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Staccioli al Parco della Rimembranza – Villa Glori

Per giungere al luogo deputato all’appuntamento Maja e Dafne attraversano il malinconico e suggestivo Parco della Rimembranza. Qui ulivi e ippocastani incolti proiettano sui sentieri dissestati sinistre e inquietanti ombre. È uno dei tanti parchi di Roma ma, a differenza dei molti altri giardini della città, assomiglia di più a una caverna che a uno spazio aperto e solare.
La persona con cui hanno appuntamento si chiama Mauro Staccioli ed è una specie di mago scultore; appena le vede arrivare, affaticate per l’erta salita, corre loro incontro con una foga che non si addice alla sua età avanzata.
Purtroppo, non può abbracciarle a causa di uno strano virus che sta infettando gli universi grazie al suo alto grado di contagiosità. 
“Dobbiamo agire subito, ragazze. Non c’è più tempo! Siamo le ultime gocce dentro la damigiana” dice loro lo scultore con tono preoccupato.
“Siamo giunti a quel punto in cui tutto può andare bene, ovvero tutto può precipitare definitivamente!
Solo attraverso l'”arte-intervento” potremmo riuscire a mondare il Pianeta!”.
Le parole mondare e “arte-intervento” lasciano perplesse (o meglio basite che in questo caso ci appar più appropriato) Maja e Dafne che non ne conoscono il significato, tuttavia preoccupate per gli oscuri presagi prefigurati dallo ieratico Mauro, decidono di aiutarlo a “mondare” il Pianeta con l'”arte-intervento” seppur totalmente ignare di quel che avrebbero dovuto affrontare.
“Che cosa dobbiamo fare?” Dicono all’unisono le due ragazze.
“Dobbiamo costruire un’enorme ruota di legno e farla girare ovunque; solo così saremo in grado di riconsegnare l’armonia alla Terra e riusciremo a far capire agli esseri umani che il senso della loro vita non è dominare, trasformare e, nei peggiori dei casi, distruggere il Pianeta, ma essere un tutt’uno con ogni elemento che lo compone.
Allora potremo ridare la speranza alla nostra imbarcazione e potremo farla virare evitando inabissarci nei fondali più profondi dell’oceano.

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I parchi di Roma

Andiamo un po’ a scoprire quali parchi e giardini della città eterna Maja, Dafne e Mastro Tonio hanno visitato:

Oltre a quello magico e mirabolante della casa di Dafne (vedi il giardino di Dafne), hanno percorso il Parco Ciclopedonale Monte Ciocci e il Parco della Rimembranza. Mastro Tonio ha poi fatto visita al Parco degli Acquedotti.

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Primavalle, la borgata del sapone

Dopo la drammatica avventura vissuta al Parco del Santa Maria della Pietà, Maja e Dafne passeggiano e si rilassano un poco per le strade e i giardini di una borgata romana a loro ancora sconosciuta; una borgata costruita su una montagna fatta di sapone. Ogni cosa in quel posto è incredibilmente profumata, anche i rifiuti! 

In questa terra dal profumo di marsiglia le due amiche sembrano finalmente aver trovato un po’ di pace e tranquillità! Ma mentre chiacchierano del più e del meno (sfidandosi a risolvere complesse operazioni di aritmetica) sedute su un’altalena, una volpe va loro incontro e, dopo essersi presentata (si chiama Pizzutella), inizia a raccontargli una storia triste e malinconica: “Una volta, tanto tempo fa, in questo luogo magico c’era una specie di astronave spaziale chiamata Galaxy. Chiunque entrasse in quel mezzo interplanetario si trovava immediatamente a viaggiare oltre i confini del suono. O almeno, questo era quello che credeva stando là dentro. In realtà nessuno ha mai capito se in quella specie di macchina del tempo e dello spazio si viaggiasse davvero o si sognasse. Ci si rimaneva sempre, minuto più minuto meno, per un paio d’ore e quando poi si usciva, facendo ritorno al mondo reale, ci si sentiva vivi; a volte malinconici altre felici, ma sempre vivi.
Purtroppo, un giorno più triste e buio di altri, un mostro gigante attraversò il quartiere e distrusse, calpestandola con il suo enorme piede destro, quell’astronave che tanta gente aveva fatto sognare”.
Qui, piangendo, la volpe interruppe il suo racconto; chiese a Maja e Dafne se avessero tempo e voglia di aiutarla a ricostruire l’astronave.
Le due amiche, dopo uno sguardo di intesa, decisero di fermarsi e diedero una mano alla volpe e agli abitanti di Primavalle per rimettere in piedi il vecchio e prodigioso Galaxy.

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La sosta di Mastro Tonio presso la Villa dei signori Gordiani

Villa dei Gordiani

Mastro Tonio, nel suo viaggio alla ricerca della piccola Maja, visita luoghi segnati dal tempo.

Un giorno giunge nella antica e maestosa villa dei signori Gordiani i quali, con molta benevolenza, si prendono cura di lui. Trascorre insieme a loro una piacevole giornata e la notte si ferma a dormire in una delle camere più lussuose dell’imperiale e storica dimora.

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Per le strade di Monte Mario

Quel giorno a Roma non c’era la neve. Era da poco finita l’estate e Walter aveva solo vent’anni.
Volarono pietre in via delle Medaglie d’Oro. Volarono in nome dell’odio e della vendetta.
L’odio dei neri per i rossi e la vendetta per dei violenti colpi di pistola che nel maggio di quello stesso anno avevano colpito Enrico alla schiena.
La vendetta, in realtà, era esplosa già il giorno prima ai danni di un’altra giovane di 19 anni, Elena.
Era stata ferita da tre colpi di arma da fuoco in quella stessa piazza Igea, oggi luogo della memoria di Walter.
Non furono solo i sassi a scagliarsi contro i corpi ancora adolescenti di chi volantinava, manifestava, esprimeva il proprio dissenso, ma anche i proiettili partiti dalle mani di altri ragazzi.

Walter cadde a terra davanti a una pompa di benzina mentre in un’atmosfera surreale una vespa si allontanava tra la folla.
I soccorsi tardarono ad arrivare e per quel ragazzo non ci fu più niente da fare.
Era il 30 settembre 1977.
Seguirono nuovi anni di tensioni, di morti ammazzati, di stragi.

Oggi, per quelle stesse strade Maja si imbatte in altri ventenni.
Stanno giocando a lanciarsi palle di neve. 
E nell’osservare i loro sorrisi in lei riaffiora il ricordo di quello di Walter.
Un’immagine sbiadita che sembra volerla avvertire di quanto sia grande la sua personale responsabilità nei confronti di quella gioventù.
Sa di avere l’obbligo morale di non restare indifferente. E così inizia a dipingere un mondo migliore. 
Un mondo che non può, e non deve, comprendere più quel passato stonato di quarant’anni fa.

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Parco Lineare Ciclopedonale Monte Ciocci – Monte Mario

Quanto è bello andare in bici a Roma… Lona e Mona sfrecciano ammirando il meraviglioso mondo intorno a loro.

Murales, esperantist*, ciclist*, skatebordist*, pattinatrici e pattinatori, treni, binari, parchi, panorami, alberi in fiore, fontanelle, cani e gatti, anziani e bambini, signor* affacciat* ai balconi. Questa pista ciclabile sembra un paradiso e Lona e Mona non vorrebbero più andare via…

Ogni volta che fanno una breve sosta, il trenino Fl3 (nel suo viaggio avanti e indietro senza soluzione di continuità) le saluta con un vibrante e affettuoso fischio.  
Ma fuori da quella striscia protetta la guerra impazza; Mona e Lona sanno che le loro pause non possono prolungarsi. Devono ripartire velocemente perché hanno un ruolo cruciale nella lotta contro il male.  Devono, senza farsi scoprire, portare il cibo ai profughi, ai rifugiati e ai portatori di pace che si sono nascosti negli scantinati più segreti della metropoli.

Noi siamo sicuri che anche questa volta le due valorose lucciole riusciranno nella pericola missione, ma non vi sveliamo di più perché il loro compito è e deve rimanere segreto.

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Idroscalo del Lido di Ostia

idroscalo bottiglia

“Un tempo da qui decollavano gli idrovolanti e gli aerei anfibi. Allora credevamo di essere un faro per il resto del mondo. Osservavamo gli altri popoli dall’alto al basso e associavamo la nostra nazione alla parola civiltà.

Sapevamo benissimo che le nostre azioni non ci avrebbero portato a un futuro felice, ma non immaginavamo che saremmo potuti diventare complici, anzi responsabili, di uno dei più tragici genocidi della storia. Eravamo fascisti. Chiunque non ha disobbedito lo era, non solo le camicie nere, i dirigenti, i politici, ma anche chi non si è opposto a quanto stava per accadere.
Dopo, però, ci siamo vergognati di quella macchia, abbiamo fatto carte false per dimostrare che eravamo cambiati. Servendoci della pubblicità abbiamo raccontato un Paese diverso, sereno, colorato, democratico. Ma, incredibilmente, abbiamo continuato a ripetere gli stessi errori;  consideravamo la nostra felicità universale e, non curandoci di quanto accadeva a Bombay o all’Idroscalo di Ostia, abbiamo ripetutamente schivato le richieste di aiuto dei disperati, degli ultimi.
Sì, è vero, dubbio e coscienza albergavano nella mente degli intellettuali, ma il Capitale era riuscito a rendere schiavi anche loro trasformando le idee in materia e la rivoluzione in possesso. La distanza incolmabile che correva tra il proletariato e il partito ha impedito che qualcosa cambiasse davvero e neanche il corvo, il poeta, è riuscito nella propria missione. Neppure su un campo di pallone ha stabilito quell’intesa necessaria a distruggere un sistema sempre più proiettato verso una nuova preistoria. Moriva qui, tra la polvere e le baracche che non si sono mai trasformate in confortevoli dimore, Pier Paolo Pasolini. Il suo corpo violentato dagli pneumatici in movimento è stato consegnato alla nostra memoria coperto di fango. Una memoria, troppo fragile per ricordare, per comprendere, la natura di quel delitto.
Oggi la resistenza è lontana e nascosti sono i poeti civili. Noi continuiamo a decomporci nella luce straziante del mare, mentre i cittadini dimenticati non sanno più come esprimere la propria disperazione. Disorientati annaspano in un mondo in cui è sempre più sfumato il confine tra un fascista, un borghese e un intellettuale”.

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