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Gran Sasso d’Italia

Mentre il popolo veniva abbagliato dal riflesso delle luci puntate sui polsi del ricercato appena sbarcato in città, Maja passeggiava felice per il vasto altopiano abruzzese; al tramonto si era, poi, attardata ad ammirare lo splendore di quell’enorme e meraviglioso masso di pietra che da secoli, come un titano, svettava tra le cime più alte dell’Appennino.

Sugli schermi l’immagine spettacolarizzata del condannato era stata mostrata per ore, commentata da poche e ripetute parole che non erano riuscite minimamente ad avvicinarsi al concetto di verità, ma che, al contrario, erano servite ad aggiungere ulteriore confusione tra i concetti di delitto, giustizia,  legge e barbarie.
Infine, nel momento in cui la tenue luce del sole crepuscolare, sostenuta da un complice vento di tramontana, era riuscita a restituire allo sguardo della nostra eroina il ritratto perfetto dell’armonia, della pace e della bellezza, l’individuo, che non aveva mai pienamente capito se in gioventù fosse stato un criminale o un rivoluzionario, realizzò che più di ogni altro aveva servito il potere, a lui astutamente affidatosi per insinuare negli animi il desiderio di ordine e il sentimento della paura.

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