Bernie, un gatto bianco e arancione, sedeva, immerso con la sua pelosa e grossa testa in un libro, all’incrocio di un trivio.
Maja, che passava di là, si presentò al felino e gli chiese cosa stesse leggendo con tanto interesse.
“1000 e 2 favole dei Monti Simbruini“. Rispose quello che, senza distoglier lo sguardo dal tomo, proseguì:
“Sai fanciulla, se prenderai la via di Santa Maria dell’Oliva le foglie in odor d’autunno ti riserveranno la cortesia di raccontarti una di queste straordinarie storie ricche di arzigogoli. Per ascoltar la fiaba attraverso il loro stormir ti basterà percorrere una brevissima strada di poche centinaia di metri, il cui attraversamento ti impegnerà per diversi giorni. Ti avventurerai per un sentiero assai ripido che per alcuni tratti ti costringerà a procedere alla velocità di una obesa lumaca poco dopo il risveglio”.
Finito di parlare, Bernie indicò a Maja la direzione da seguire e, senza più miagolar una parola, riaffogò il suo sguardo tra le pagine del libro.
Maja gli fece altre domande, ma il gatto non si interessò più a lei.
La giovane prese così per buona l’unica informazione ricevuta e si incamminò per dove Bernie l’aveva indirizzata.
Entrò in un bosco e… già dopo poche decine di metri la strada si inclinò.
“HI, hi!” Sorrise una piccola foglia di pioppo.
“Mamma, guarda sembra già affaticata!” disse rivolgendosi a una grande foglia gialla sopra di lei che le rispose con voce dolce e amorevole:
“Gialletta non celiare la povera Maja. Hai dimenticato che lei è la sola in grado di salvare i nostri universi? Dobbiamo avere grande rispetto per quanto sta facendo per ognuno di noi. È in cammino da tempo e ha ancora tanta strada da fare.
Perché invece non le racconti la favola sul regno buono dei Monetini? Così le passerà più in fretta il tempo e sentirà di meno la fatica.”
“Va bene, mamma” assentì Gialletta che cominciò: “C’era una volta, tanto tempo fa, un paese dove si viveva in libertà e democrazia.
La capitale di questa terra era stata costruita su una collina di banconote e si chiamava Moneta.
Gli abitanti erano brave persone, vestivano prevalentemente di azzurro e quasi tutti avevano un’ottima istruzione.
Nei pressi di quella stessa città, nella valle del Baratto, viveva il popolo dei Casedipaglia.
Erano nomadi e pastori ma da diversi secoli si erano stanziati in quella pacifica e accogliente terra.
Nella loro storia avevano spesso subito sfruttamento e vessazioni dalle numerose altre popolazioni degli universi con cui erano entrati in contatto.
A differenza dei Monetini non erano istruiti e non vestivano di azzurro; la maggior parte di loro indossava il Dever: una grande casacca verde tradizionale fatta di stracci cuciti tra loro.
I Monetini provavano pena per la condizione dei Casedipaglia; avevano compassione per lo stato di miseria in cui versavano e si battevano affinché potessero avere i loro stessi diritti.
Li avrebbero voluti tutti istruiti e, finalmente, vestiti con lo Ozzarru, il loro elegante e principesco abito azzurro.
I Monetini eran, difatti, certi che solo se i Casedipaglia si fossero omologati alle loro abitudini sarebbero riusciti a lasciarsi alle spalle quegli aspetti deteriori della loro cultura che in passato tanti problemi gli avevan creato: la Sporcizia, il Disordine e la Miseria eran da sempre noti perturbatori della comune armonia.
A questo punto c’è da fare una piccola, ma fondamentale, precisazione: i Monetini non erano tutti uguali.
La loro società era divisa in diverse classi sociali: la combinazione di avvenenza, titoli e sangue determinava la assegnazione a uno specifico gruppo.
Tale stratificazione impedì all’Armonia di stabilizzarsi a Moneta e favorì l’insediarsi di Invidia, Pettegolezzo e Sberleffo.
Con il tempo, e dopo molte accese discussioni, si imposero tra i Monetini due grandi gruppi: i Lub e i Soris.
Questi ultimi, per distinguersi, cominciarono a vestirsi di rosso; erano spesso gli abitanti più critici, contestatori e insofferenti.
I Lub sottovalutarono la situazione e non si preoccuparono di comprendere le ragioni dei Soris.
Dal canto loro, i Soris non avevano la benché minima voglia di ascoltare le idee dei Lub e maturarono un sentimento di odio e di risentimento talmente grande che iniziarono a rivolgerlo anche contro i Casedipaglia, rei di godere di diritti a loro negati.
La guerra fu inevitabile; a farne le spese furono i più poveri i quali si arruolarono nell’uno e nell’altro esercito perché sedotti dagli ideali di sovranità popolare e di benessere collettivo che le due fazioni propagandavano con la promessa di un mondo migliore. Molti di loro morirono in battaglia perché impiegati nelle missioni più pericolose.
Discorso a parte bisogna farlo per i Casedipaglia. A loro toccò una sorte ancor peggiore; vennero accusati di essere responsabili dei più efferati delitti commessi durante il conflitto e subirono quelle stesse terribili violenze di cui, tante volte in passato, erano stati vittime i loro antenati.
Abbandonarono la Valle del Baratto e ripresero di nuovo a migrare attraverso il Deserto dell’Oblio, il Mar della Morte e le Montagne Gelate.
Quando l’ultimo Casadipaglia se ne andò i Lub e i Soris si ritrovarono insieme in piazza per la festa di Conio: il Santo patrone di Moneta; si ricordarono di essere tutti parenti tra loro, si abbracciarono e si dimenticarono della guerra.
I Soris ripresero a vestirsi di azzurro.
Armonia scacciò Invidia, Pettegolezzo e Sberleffo e, d’incanto, ogni cosa tornò nuovamente a essere meravigliosa”.
Gialletta concluse qui il suo racconto.
Nel frattempo il sole era già sorto e tramontato tre volte. Ma la fatica era finita! La nostra amica era arrivata a Roviano!
Venne accolta con grande fasto e venne invitata a presenziare, in qualità di ospite d’onore, alla cerimonia di insediamento del nuovo Sindaco della città.
La fanciulla accettò ben volentieri, ma mentre guardava il biglietto di invito provò per un istante una strana sensazione di confusione: non riusciva a capire come il tempo fosse trascorso così in fretta e perché la favola a lieto fine che Gialletta le aveva raccontato le avesse provocato un inquietante turbamento.








