Posted in: Abruzzo, I luoghi visitati da Maja, Italia

Rivisondoli

C’era una volta un cavaliere, che chiameremo per convenzione Prodo, e c’era una volta anche il suo destriero. Insieme avevano percorso centinaia e centinaia di miglia in lungo ed in largo per l’Appennino. Dall’inizio del loro viaggio non si erano mai fermati per riposare e neanche, incredibile ma vero, per consumare un semplice pasto.

Venivano da molto lontano ed erano diretti a molto lontano. Una sera d’inverno, in cui era tremendamente più freddo del solito, (la temperatura sfiorava i – 31 gradi) il nostro cavaliere (non quello inesistente di Italo Calvino) decise di fare una sosta e si fermò. Si trovava nel grazioso paesino di Rivisondoli (vicino a Roccaraso e a Pescocostanzo per intenderci), un borghetto arroccato su di una piccola altura adagiata sull’altopiano delle cinque miglia.Fuori tutto era buio e silenzioso e sembrava non ci fosse anima viva; ma, il nostro protagonista, fortunatamente, scoprì che proprio davanti a lui si nascondeva una locanda.

Come se ne accorse? Ehehe amici miei Prodo aveva sensi ed intuito straordinari! 

Dalla fessura di un portone proveniva un’impercettibile luce ed un leggerissimo brusio. 

Il cavaliere, che era un uomo di mondo, capì che qualcuno stava gozzovigliando allegramente. 

Così bussò tre volte il battente del portone e aspettò. Dopo alcuni istanti si aprì una porticina da una stretta fessura e vi si affacciò un omino. 

“Chi siete?” disse “Cosa volete?”

“Sono Prodo cavaliere delle terre lontane e cerco un pasto caldo e un calice di vin rosso sangue.” 

 Udite queste parole l’omino non si trattenne ed esplose in una fragorosa risata. Si riprese a fatica e poi esclamò: “O mio nobile cavaliere, in realtà abbiamo ancora un solo tavolo libero, ma è stato prenotato da Crodo il Cavaliere delle Terre Vicine, nostro affezionato cliente. Sarebbe dovuto arrivare circa mezz’ora fa. 

Sa è nostra premura conservare il posto per almeno un’ora, ma non importa, si accomodi lo stesso, quanto meno si riposerà un po’. 
Qualora dovesse giungere l’altro cavaliere avrà due scelte: cedergli cavallerescamente il posto, oppure sfidarlo a duello. L’avverto però, quest’ultima opzione non sarebbe gradita al nostro padrone, anzi gliela sconsiglio vivamente! Insomma basta chiacchiere, prego si accomodi” ed aprì finalmente il portone.
Prodo varcò così la soglia della locanda ed alla sua vista apparve uno scenario eufemisticamente bizzarro. La cosa più strana era che seppur fosse entrato in una piccola casetta, si ritrovò in una sala di mille metri quadri con mille quadri, orologi e altri strani oggetti appesi alle pareti. 
Vi erano centinaia, ma che dico centinaia, migliaia, ma che dico migliaia, milioni di tavoli e tutti erano pieni di persone che ridevano e mangiavano, ovvero che ridevano e bevevano. 
Tra i tavoli si destreggiava il piccolo omino che aveva accolto Prodo.
Pensate, nonostante la sua minuta corporatura, riusciva a sollevare contemporaneamente 20 portate con un solo dito. Certo, a volte si confondeva e serviva il dolce a chi stava aspettando il primo, il caffé a chi aveva ordinato l’arrosto e l’acqua a chi aveva chiesto il conto, ma nessuno sembrava prendersela troppo e tutti continuavano a rilassarsi in un’atmosfera di allegra convivialità. 
All’ingresso c’era un grosso bancone e dietro il bancone un grosso proprietario. 

Scusate ma vogliamo fare una piccola parentesi: se siete amanti dei cartoni animati, il grosso proprietario ricordava molto sia quel Tony famoso per avere cucinato un piatto di spaghetti a Lilli e il Vagabondo sia quel Quasimodo che dimorava dentro una cattedrale. 
Ma non divaghiamo oltre e torniamo a noi, o meglio rientriamo nella locanda. 

All’ingresso del cavaliere il padrone si presentò così:

“Buonasera, nobil cavaliere,
sei nella taberna di chi è cuoco per mestiere,
orsù siediti senza ordinare
perché so già ciò che vuoi gustare,
in men che non si dica,
la tavola sarà imbandita
e in un solo istante 
di portate ne avrai tante e tante;
assaggerai tutti i sapori del mondo
nella magica locanda di Giocondo”.

Il cavaliere rimase sorpreso da questa presentazione in filastrocca ed il suo stupore continuò ancor di più quando fu accompagnato in fondo al ristorante. Per raggiungere l’ultimo tavolino ebbe un bel da fare nel destreggiarsi tra persone, sedie e portate. Solo dopo una decina di minuti raggiunse finalmente il suo ambito posto. 
Nello stesso istante in cui si accomodò sulla tavola apparvero centinaia e centinaia di pietanze locali dai sapori esotici e numerosissime bottiglie di vino di ottimo pregio. 
Il cavaliere delle terre lontane iniziò così a mangiare e a mangiare e mangiò così tanto che finì con l’addormentarsi. Si risvegliò solo la mattina seguente, sorpreso di trovarsi dentro una piccola e graziosa locanda in cui si alternavano pochi tavolini già apparecchiati per il pranzo. 
Sul suo tavolo c’era un biglietto con un conto così onesto che sarebbe stato incapace di dire la più piccola delle bugie. Il cavaliere si alzò in piedi, mise mano al proprio borsellino e tirò fuori una moneta d’oro, la lasciò sul bancone e uscì. Fuori, ad attenderlo il suo fido destriero con cui avrebbe continuato un viaggio, probabilmente, infinito. Di nuovo in marcia dunque, verso l’ignoto e senza sapere se da Giocondo avesse bevuto, avesse mangiato o avesse solamente sognato.

Back to Top