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Dafne torna al Maxxi

Maxxi

Dafne si ritrova di nuovo all’interno del Museo Maxxi. Questa volta ci arriva prendendo una stradina isolata di un piccolo villaggio di campagna.

Si ricorda ancora la sua prima esperienza in quella stravagante struttura.
Il mondo è molto cambiato da allora; siamo nell’era della terribile pandemia e il Maxxi appare come un luogo spettrale e desolato.
Purtroppo, quando tutto va in fiamme gli esseri umani non cercano nella cultura la soluzione dei loro problemi e allontanandola non fanno altro che alimentare ancor di più il fuoco che li sta bruciando. A farle da guida c’è l’architetto Gio Ponti. Le parla di forme e di spazio e Dafne si lascia ancora una volta trascinare, dal suo Virgilio di turno, in quel luogo fatto di scale, di sedie, mattoni, di piccole camere oscure e di enormi stanzoni.

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Museo MAXXI

Dafne, dopo aver attraversato un deserto e un mare in burrasca, arriva su una barca fatta di scarpe al MAXXI. Nell’atrio i monelli giocano con qualunque cosa abbia delle ruote: macchinine, monopattini, biciclette, etc. Intanto, un cane riposa beato senza che gli schiamazzi dei bambini lo riescano a disturbare. Dentro il Museo Dafne si perde mentre palloncini si trasformano in una foresta che, a sua volta, si trasforma in infiniti frammenti di vetro. Là incontra Pedro Reyes che le dice, mentre suona un kalashnikov come se fosse una chitarra: “Quando qualcuno muore, la colpa è sempre di chi ha premuto il grilletto: non c’è indignazione pubblica o rifiuto culturale per coloro che traggono profitto dal proliferare delle armi”. Dafne, condividendo i suoi pensieri, gli stringe la mano e firma una petizione per il disarmo. Poi, uscendo fuori dal museo, ammira per terra, disegnato con i pastelli, il più bello dei capolavori.

 

Leggi anche il ritorno di Dafne al Maxxi

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