Dafne, dopo aver attraversato un deserto e un mare in burrasca, arriva su una barca fatta di scarpe al MAXXI. Nell’atrio i monelli giocano con qualunque cosa abbia delle ruote: macchinine, monopattini, biciclette, etc. Intanto, un cane riposa beato senza che gli schiamazzi dei bambini lo riescano a disturbare. Dentro il Museo Dafne si perde mentre palloncini si trasformano in una foresta che, a sua volta, si trasforma in infiniti frammenti di vetro. Là incontra Pedro Reyes che le dice, mentre suona un kalashnikov come se fosse una chitarra: “Quando qualcuno muore, la colpa è sempre di chi ha premuto il grilletto: non c’è indignazione pubblica o rifiuto culturale per coloro che traggono profitto dal proliferare delle armi”. Dafne, condividendo i suoi pensieri, gli stringe la mano e firma una petizione per il disarmo. Poi, uscendo fuori dal museo, ammira per terra, disegnato con i pastelli, il più bello dei capolavori.
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