Conoscete la Baia di Ieranto? Nooooooo. Ma dite sul serio?
Allora, prima o poi, ci dovrete andare. Certo, la strada che porta alla Baia non è semplice da trovare; da Nerano (siamo ovviamente sulla Penisola Sorrentina) si prende il secondo sentiero a destra e, quindi, si prosegue dritti fino al mattino (se siete partiti a notte inoltrata). Solamente dopo una tanto lunga quanto spettacolare camminata, si giunge alla meta.
Sembra ieri il giorno in cui noi ci siamo andati per la prima volta; proprio lì abbiamo vissuto una fantastica avventura che vi andremo a narrare.
Il giorno che siamo arrivati alla Baia di Ieranto abbiamo assistito ad uno strano spettacolo: Falchi Pellegrini, Granchi Corridori, Berte e, un po’ tra l’addormentato e l’elettrico, tantissime Meduse avevano un gran da fare nell’agitarsi a raccogliere acqua.
La loro foga ci appariva alquanto bizzarra ma, prima il nostro olfatto, e poi la nostra vista, ci hanno rivelato il reale motivo di tanta apprensione.
La Baia era minacciata da un terribile incendio. Tutta la costa bruciava e, le ginestre, i mirti, gli olivi, le agavi (sia quelle più giovani che quelle più anziane) sembravano avere i minuti contati.
Bisognava fare qualcosa e tutti gli animali della Baia, dimenticandosi per un attimo storiche rivalità, decisero collaborare per arginare l’imminente pericolo. Noi, spaventati, non sapevamo proprio casa fare ma, finché, grazie alla grande organizzazione e solidarietà con cui si affrontava il problema, abbiamo trovato il modo di dare loro una mano.
E così, mentre i Granchi Corridori e i Falchi Pellegrini raccoglievano l’acqua in dei secchi, le Berte, cavalcate da Meduse, la portavano e la rovesciavano sopra le fiamme; ogni piccolo essere e animaletto si adoperava per riuscire in qualche modo a frenare l’avanzata delle fiamme.
Si costruivano in un lampo aeroplanini di carta porta acqua, catapulte in legno e castelli di sabbia per proteggere i preziosi dalla devastazione del fuoco.
Intanto, un gruppo di piccioni selvatici, esperti canoisti, era partito (sprezzante del pericolo urlato dalle perigliose onde in burrasca) in direzione della vicina isola di Capri per chiedere aiuto. Il mare era l’unico punto di passaggio rimasto per comunicare con il mondo esterno. Nonostante l’impegno di tutti gli animali, le fiamme sembravano prendere il sopravvento e tutto ormai appariva perduto…
All’improvviso, però, s’intravidero all’orizzonte proprio loro: le canoe pilotate dagli eroici piccioni selvatici e più in alto in cielo, un intero reggimento di falchi pompieri, bardati di tutta l’attrezzatura necessaria per risolvere al meglio l’impresa.
Riuscirono, non senza sforzi, a domare definitivamente l’incendio e le ginestre, gli agavi, i mirti e gli olivi furono salvati.










