Nel cuore dell’Abruzzo una strada conduce in un mondo fantastico popolato da folletti, camosci, draghi, orsi, unicorni, lupi, fate e gnomi. È la SS83 che, poche curve dopo Alfedena, entra nel fantastico Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Avvolto da mistero e magia il Parco d’Abruzzo è un luogo incantato, teatro di storie incredibili narrate in infiniti racconti e leggende. Di queste mirabolanti avventure alla nostra Maja una è più cara delle altre: quella della pietra sepolta sull’alveo del lago di Barrea.
Nella pietra, di un marmo tanto raro quanto prezioso, è incisa la tragica storia d’amore di due giovani e sfortunati coltivatori di canapa, Lorenzo e Martina.
I due amanti, dapprincipio felici, videro la loro gioia sfumare poche ore prima di approdare all’altare.
La causa? Il sortilegio del solito guastafeste, in questa favola interpretato da un vecchio, rachitico e brutto stregone innamorato, e non corrisposto, dell’avvenente Martina. L’iracondo incantatore, poiché non riusciva a conquistare il cuore della dolce contadina, si lasciò azzannare dall’invidia feroce e nefasta.
Annebbiato dal veleno del morso, negò il piacere fisico di quella passione anche a Lorenzo e Martina.
Scagliò contro i due giovinetti una terribile maledizione che li costrinse a non poter vivere mai nelle fattezze di umani nello stesso momento.
Al sorger del sole Lorenzo si trasformava in uno splendido esemplare di cervo, mentre durante la notte era Martina a subire gli effetti del sortilegio assumendo le sembianze di un’aquila reale.
Dopo lunghi anni di sofferenza, stanchi di quella vita incompleta, Lorenzo e Martina decisero di affrontare il malefico Silvano (questo era il nome del mago) e si recarono al fortificato castello in cui dimorava.
In vero, la loro era un’impresa tanto inutile quanto disperata; oltre al coraggio e all’amore, difatti, i due giovani non avevano seco altre armi con cui contrastare quell’avversario sì potente e malvagio.
Silvano per nulla stupito da quella visita che attendeva da tempo, nel vederli fragili e inermi, esplose in una fragorosa risata. Poi, senza perdere tempo ulteriore, si apprestò a recitare la formula di un incantamento con il quale li avrebbe annientati per sempre.
Fu in quel momento che la natura, che solitamente preferisce restare imparziale, si schierò dalla parte dei due giovani amanti e nel disperato tentativo di salvarli attaccò con tutte le sue forze l’empio individuo.
Si animò il Sangro e una tempesta imperversò. L’enorme massa d’acqua sprigionata dal cielo e dal fiume si trasformò in un poderoso vortice che travolse e seppellì il mai rimpianto stregone. Purtroppo, però, il tristo figuro ebbe il tempo di realizzare il suo diabolico piano e, prima di spirare, riuscì a trasformare in una gemma Lorenzo e Martina.
Su quella pietra preziosa un poeta di Opi incise la tragica storia dei due sventurati amanti; e, una volta terminato il lavoro, affidò la gioia al fondale di un meraviglioso specchio d’acqua dai mille colori, formatosi in seguito ai tragici eventi sopra narrati.





