
“Un tempo da qui decollavano gli idrovolanti e gli aerei anfibi. Allora credevamo di essere un faro per il resto del mondo. Osservavamo gli altri popoli dall’alto al basso e associavamo la nostra nazione alla parola civiltà.
Sapevamo benissimo che le nostre azioni non ci avrebbero portato a un futuro felice, ma non immaginavamo che saremmo potuti diventare complici, anzi responsabili, di uno dei più tragici genocidi della storia. Eravamo fascisti. Chiunque non ha disobbedito lo era, non solo le camicie nere, i dirigenti, i politici, ma anche chi non si è opposto a quanto stava per accadere.
Dopo, però, ci siamo vergognati di quella macchia, abbiamo fatto carte false per dimostrare che eravamo cambiati. Servendoci della pubblicità abbiamo raccontato un Paese diverso, sereno, colorato, democratico. Ma, incredibilmente, abbiamo continuato a ripetere gli stessi errori; consideravamo la nostra felicità universale e, non curandoci di quanto accadeva a Bombay o all’Idroscalo di Ostia, abbiamo ripetutamente schivato le richieste di aiuto dei disperati, degli ultimi.
Sì, è vero, dubbio e coscienza albergavano nella mente degli intellettuali, ma il Capitale era riuscito a rendere schiavi anche loro trasformando le idee in materia e la rivoluzione in possesso. La distanza incolmabile che correva tra il proletariato e il partito ha impedito che qualcosa cambiasse davvero e neanche il corvo, il poeta, è riuscito nella propria missione. Neppure su un campo di pallone ha stabilito quell’intesa necessaria a distruggere un sistema sempre più proiettato verso una nuova preistoria. Moriva qui, tra la polvere e le baracche che non si sono mai trasformate in confortevoli dimore, Pier Paolo Pasolini. Il suo corpo violentato dagli pneumatici in movimento è stato consegnato alla nostra memoria coperto di fango. Una memoria, troppo fragile per ricordare, per comprendere, la natura di quel delitto.
Oggi la resistenza è lontana e nascosti sono i poeti civili. Noi continuiamo a decomporci nella luce straziante del mare, mentre i cittadini dimenticati non sanno più come esprimere la propria disperazione. Disorientati annaspano in un mondo in cui è sempre più sfumato il confine tra un fascista, un borghese e un intellettuale”.











