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Terracina e la magica locanda del gatto bicentenario

Terracina gatto

Dopo aver visitato il Parco Naturale del Circeo Dafne sosta in una vecchia locanda nel borgo marinaro di Terracina.
Sospesa tra le nuvole e il cielo la struttura ricettiva ha un macchinoso sistema d’accesso. Si sale in una cabina della ruota panoramica del parco giochi e, una volta in cima, con un un salto (la cui esecuzione deve essere perfetta in tempistica e lunghezza) si raggiunge l’ingresso.
A quest’ultimo passaggio si deve prestare particolare attenzione; vista la considerevole altezza dal suolo l’impatto con l’asfalto potrebbe risultare letale; pertanto, precipitare di sotto sarebbe imperdonabile! 
All’interno, una hall spaziosa e lussuosa introduce un ambiente più simile al salotto di una elegante dimora nobiliare che alla reception di uno spartano B&B arredato con il mobilio standard dell’universale azienda scandinava. In fondo alla stanza, sopra a un ebenino tavolo semicircolare un grosso gatto tigrato attira con un grande sbadiglio l’attenzione di Dafne.
Il felino stiracchiandosi chiede alla ragazza di avvicinarsi.
“Cara Dafne, sono Gino il gatto bicentenario e ti do il benvenuto nella mia umile dimora. Qui, se vorrai, potrai riposarti e recuperare le energie, oppure avrai l’opportunità di vivere nuove fantasmagoriche avventure al cui termine, ti assicuro, sarai più stanca di prima!! Ah ah ah ah!!!”
“Non ci penso proprio – risponde Dafne – di avventure ne ho fin sopra i capelli. Non vedo l’ora di entrare nella mia stanza, di stendermi sul lettone e di farmi una bella dormita!!! E domani, mio caro vecchio felin Gino, scenderò tardi per la colazione!”
Il gatto con un sorriso sornione prende la chiave numero 101, la consegna a Dafne e la informa: “Giovane viaggiatrice la tua stanza è al primo piano. Ci sono due scale per raggiungerla: quella di sinistra arriva direttamente al tuo comodo giaciglio, quella di destra passa invece per il tempio di Giove.”
Dafne, al suon della parola direttamente, si dirige spedita verso quella di sinistra, ma prima di salire ha un’esitazione e, commettendo un gravissimo errore, si volta a guardare l’altra scala.
Su ogni gradino è incisa una parola. Dafne le legge: “Se salirai per questa via arriverai…”, ma il suo sguardo non riesce ad andare oltre i primi sei scalini perché l’oscurità avvolge nel mistero tutto ciò che è più in profondità. 
“Sono venuta qua per riposare, di tutto il resto non mi devo interessare!” Dice tra sé e sé la migliore amica di Maja.
Ma la curiosità per lei ha lo stesso ineluttabile effetto che ha la tela di un ragno per un insetto; una volta che l’ha irretita non può più scansarla.
Il suo successivo pensiero difatti è: “Potrei almeno finire di leggere la frase; poi, vado a dormire, promesso!” 
E mentre si dirige verso la seconda scala Gino afferra la cornetta di un telefono vintage color amaranto appeso a una colonna marmorea accanto al bancone, compone un numero e avvisa: “Tutto come previsto. La fanciulla sta per arrivare!”

“Se salirai per questa via arriverai dalla Dea Ferronia, ma devi sbrigarti. Ella corre un grande pericolo e senza il tuo aiuto non riuscirà a cavarsela; un violento incendio sta divampando in tutta la zona. È ancora possibile domarlo, ma non c’è un istante da perdere, dovrai incontrare gli spiriti del Monte Sant’Angelo e convincerli a donarti l’acqua sacra del fiume Amaseno”.
Finita di leggere quest’ultima parola Dafne si ritrova all’aperto vicino a un’imponente costruzione; tutto intorno a lei è l’inferno. Deve sbrigarsi prima che il fuoco distrugga ogni cosa.
Ma dove andare per stanare questi spiriti?
Alzando lo sguardo si accorge di essere davanti a un trivio.
Tre cartelli indicano le mete di ogni percorso.
Il primo riporta la scritta: “Stanza 101”, il secondo: “La strada più veloce – nonché l’unica  – da prendere una volta recuperata l’acqua sacra per salvare la Dea Ferronia dalle fiamme” e il terzo “La casa degli spiriti di Monte Sant’Angelo”.
Dafne si avvia con buona lena per quest’ultima via; vorrebbe sbrigarsi, ma ben presto è costretta a rallentare; il calore del fuoco le toglie il fiato, riesce a respirare solo nelle zone meno fuligginose con evidenti ripercussioni sulla sua andatura.

Passa il tempo; la strada non conduce in alcun luogo. Dafne è sfiancata e l’aria sempre più torrida e rarefatta. Dopo due ore si lascia cadere a terra urlando per la disperazione: “Spiriti dove siete? Saranno milioni di secondi che vi sto cercando!”.
“Ah ah ah” “Ma noi siamo sempre stati vicino a te!” “Aspettavamo un tuo cenno” “Iniziavamo a pensare che avessi sbagliato strada!” “Dicci, giovane Dafne, perché ci stai cercando? Cosa vorresti da noi?”.
Si alternano voci differenti provenienti da invisibili entità immateriali.
“Vi stavate, forse, burlando di me? Non è divertente!!!! Devo portare l’acqua sacra del fiume Amaseno alla Dea Ferronia, prima che questo incendio devastante distrugga anche voi sciocchi esseri incorporei!!”
“Acqua sacra?” chiede un primo spirito “Forse, intende la bevanda scura con le bollicine?” domanda una seconda voce mentre un barattolo di Cola Cola compare magicamente nell’aria. “Oppure quest’altra?” rintuzza un terzo spirito e contemporaneamente si materializza una lattina di Arancia ta ta” “No, la bella Dafne allude a questa cosa qua!” Ed è in quel momento che appare un contenitore a forma di donna velata con scritto sul tappo: ‘Acqua sacra del fiume Amaseno – indispensabile per spegnere gli incendi del monte Sant’Angelo'”.
Dafne la afferra al volo e, nonostante il fuoco, si precipita correndo a più non posso all’inizio del trivio.
Da lì si dirige verso la Dea Ferronia che incontra, avvolta dal fuoco, pochi metri più avanti dentro il tempio di Giove.
Prima la raggiunge con un lunghissimo balzo (eseguito svitando il tappo del contenitore), poi le lancia il liquido addosso.
Al contatto con l’acqua sacra tutti i focolai si spengono; non solo le fiamme che avvolgono il corpo di Ferronia, ma anche quelle che si sono diffuse sul resto del territorio.
La Dea ringrazia Dafne per il suo intervento e, di fronte a centinaia di Terracinesi accorsi al tempio per festeggiare la fine del cataclisma, elogia pubblicamente il coraggio e il talento della giovane eroina distrutta ma felice per aver risolto la situazione.
Dopo l’encomio Dafne ritorna al trivio per l’ultima volta e da lì si incammina per il sentiero che dovrebbe finalmente condurla alla sua stanza.
Una porta con incisa una scritta la divide dal suo meritato riposo: “Grazie per aver partecipato al gioco-esercitazione della locanda di Gino. Se sei arrivata fin qui vuol dire che sei riuscita a salvare la Dea e hai vinto un buono extra per la colazione”.

“Dunque, si trattava di una specie di scherzo! Nulla era reale e io ci sono cascata con tutte le scarpe!”

Demoralizzata, oltrepassa il varco e scende per una lunga scala che invece di condurla alla sua camera la porta di nuovo alla reception, dove nel frattempo hanno allestito la sala colazione.
Un orologio affisso sul muro indica le sei del mattino. 
Gino nel vedere la fanciulla le chiede sorridendo e sbadigliando: “Non avevi detto che ti saresti svegliata tardi questa mattina? Vedo invece che sei stata molto mattiniera. Sono contento perché questo vuol dire che hai ben riposato e che hai scelto assennatamente di non partecipare al nostro stressante gioco!”

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