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Isola de l’Asinara

C’era una volta, tanto tempo fa, un mondo in cui gli esseri umani non avevano cura degli altri animali. Li maltrattavano, colpendoli con il bastone e impiegandoli in lavori duri e usuranti.

Tra tutti gli animali i più vessati erano gli asini. Su quali e quante fatiche fossero costretti a sopportare ci si può fare un’idea leggendo le storie di Lucio e di Pinocchio, e prendendo visione del francese Au Hasard Balthazar

Senza sapere nulla delle drammatiche vicende sopra raccontate, le nostre amiche Maja e Dafne giungono a Posthudorra, luogo di confine tra la vita e la morte. Da Posthudorra un battello traghettato da Etere, la meno funerea figlia di Erebo e Notte, le attende per condurle in un luogo misterioso, ancestrale e ignoto: l’isola de l’Asinara.
Etere si occupa di tutto. Vende i biglietti, guida l’imbarcazione, distribuisce viveri ai passeggeri, fa il mozzo di bordo e l’animatrice. 
La traversata è piacevole. Dura circa un’ora, durante la quale il sole sorge e tramonta almeno dieci volte.
Quando Maja e Dafne scendono sul molo di Cala Reale lo spettacolo che si presenta al loro sguardo è sublime. In passato le due compagne ne hanno visti di luoghi fantastici come El Dorado, Eden e Iperoberea. Ma dai loro ricordi nessuno di quei posti eguaglia per bellezza l’isola de l’Asinara dove il verde delle boscose colline si specchia sulle acque trasparenti che riflettono i mille colori del cielo e della natura. Ma non è tutto, ad accogliere le nostre amiche ci sono delle grosse, colorate e saltellanti orate che le salutano festose e danno loro il benvenuto.

“Care Maja e Dafne siamo onorate di ricevervi nella nostra patria. Ci auguriamo che il Vostro soggiorno sia il più piacevole possibile.
Testona la cavalla dentona vi farà da guida. Se la tratterete con rispetto potrete chiederle quel che volete”.

Poi, con tono solenne, Etere le avvisa:

“Mi raccomando, tornate al molo prima del tramonto, altrimenti sarete costrette a restare a l’Asinara per sempre”.

Maja e Dafne annuiscono, spaventate, e Testona gli fa cenno di seguirle. 
Inizia la perlustrazione dell’isola! Che emozione!
Dopo due curve incontrano Leonino, il fantasma dell’ultima foca monaca vissuta sull’isola. E’ seduto a un tavolino e sorseggia un po’ di vino. Invita l’amica Testona e le due visitatrici a giocare una partita a rubamazzetto con lui. Insiste così tanto che è impossibile dirgli di no. 
Le fa accomodare, mischia le carte e inizia a raccontare la sua storia in modo breve e conciso: “Esisteva, in un tempo passato, un convento in cui le foche del Sacro Ordine delle Clarinettiste vivevano, giocavano a carte e pregavano tutto il dì. Poi, decisero di partire per un pellegrinaggio spirituale e non fecero mai più ritorno. Io solo rimasi qui e ci vissi fino alla fine dei miei giorni”.
Dette queste parole, Leonino scompare e con lui svaniscono le carte, le sedie, il tavolino e anche il vino. E alle nostre amiche non rimane altra scelta che rimettersi in marcia. Pochi passi e si ritrovano a camminare su di una bellissima cala incontaminata sfiorata da acque splendenti. 


“Sarebbe un delitto non approfittarne per fare una pausa”.

Pensano Maia e Dafne che non hanno alcuna intenzione di commettere quel reato. 

Si tuffano nel mare e ingaggiano una gara con dei delfini locali. Dafne trionfa per due lunghezze su Maja e i delfini. Più dietro, e molto affaticata, arriva Testona. Il tempo di asciugarsi sotto il sole e ricomincia la gita.
La cavalla avvisa le due visitatrici che stanno per visitare l’antica colonia penale agricola dell’isola: un luogo di sofferenza e dolore, dove in un’era remota erano reclusi i più terribili criminali della storia degli universi e dove, ancor prima, venivano abbandonati e lasciati al proprio destino i malati di tubercolosi.
Dentro una cella incontrano un gruppo di disoccupati che, per protesta, si sono volontariamente rinchiusi in attesa che il Grande Capo degli Universi restituisca loro il lavoro e la dignità di cui li ha privati. 
Maja e Dafne incoraggiano gli occupanti a resistere e, dopo averli salutati, riprendono a girovagare, insieme a Testona, per il resto dell’isola. 
Camminano molti chilometri prima di raggiungere la parte più selvaggia e incontaminata de l’Asinara. E’ popolata da numerosissimi asini, grigi e bianchi, che vivono liberi e pascolano felici. Sembra sia proprio un’usanza dell’isola confidarsi con le sconosciute. Anche gli asini, difatti, appena vedono Maja e Dafne, gli raccontano, ragliando all’unisono, la loro storia.
“Un tempo eravamo gli animali più maltrattati di tutti. Gli esseri umani si approfittavano della nostra bontà e ci sottoponevano a insopportabili fatiche. Tiravamo carri pesantissimi, eravamo messi al giogo e attaccati alle macine dei mulini, e dovevamo affrontare interminabili traversate al caldo, senz’acqua né cibo.
Poi, una notte tutto cambiò. Un pifferaio magico salì sul monte Utero, intonò una melodia che spezzò le nostre catene e aprì i recinti in cui eravamo imprigionati. Quella musica ci condusse a Posthudorra dove ad attenderci c’era Etere.
Ci accolse con un sorriso, ci abbracciò uno ad uno e ci disse che da quel momento in poi le nostre fatiche sarebbero finite per sempre. Ci rassicurò e ci invitò a salire sul suo battello. Ci fidammo di lei e approdammo in questo luogo meraviglioso. 
Da quella notte la nostra vita è cambiata per sempre.
L’Asinara è diventata la nostra casa, la nostra terra. Qui siamo liberi e felici. Possiamo crescere i nostri figli e le nostre figlie senza più il terrore che un domani saranno costretti a subire quelle stesse violenze che noi abbiamo provato sulla nostra pelle.
Care ragazze, vi ringraziamo per averci ascoltato. Vi preghiamo di raccontare la nostra storia al mondo e se, durante il vostro viaggio, doveste incontrare un asino ancora schiavo, parlategli de l’Asinara e indicategli la strada per arrivarci.
Adesso correte, però, il sole sta per tramontare. Se non vi sbrigate perderete il battello e non potrete più andarvene!”
E così, mentre il sole si colora di arancione e scende verso l’orizzonte, Maja Dafne e Testona corrono velocissime. Arrivano a Cala Reale un attimo prima che Etere levi l’ancora. 
E’ il momento dell’addio. Un abbraccio e un bacio a Testona, che per la commozione inizia a tartagliare, e, via, pronte a salire sul battello.
Il tempo di scaldare i motori e l’imbarcazione lentamente si allontana dalla sinuosa isola de l’Asinara. A bordo Etere si barcamena tra un lavoro e l’altro. Fuori è già calata la notte, le stelle appaiono una a una nel cielo e si specchiano sul mare dove i delfini, saltellando, inseguono la scia del battello.
Maja e Dafne si abbracciano, sorridono e si preparano a una nuova avventura, sperando in cuor loro che un domani possa esistere per ogni essere vivente un’Asinara. Un luogo dove vivere in pace e serenità.

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