Posted in: I luoghi visitati da Maja, Vallate

La valle dell’Inn

Mentre Maja attraversa la valle dell’Inn alla ricerca disperata della sua amica Dafne, la pioggia cade copiosa e i fumi delle fabbriche d’armi macchiano di grigio le tenui sfumature del paesaggio invernale. 
Giungendo a Rattenberg la nostra eroina si imbatte in una voluminosa casa quadrata sopra il cui ingresso è scritto: ENTRA QUA. Varca la soglia dell’abitazione e si ritrova a calpestare un corridoio di cui il suo sguardo non riesce a indovinare la fine. Lungo le pareti porte quadrate ed equidistanti si ripetono senza soluzione di continuità; su tutte è inciso il codice alfanumerico: “41 bis“. 
Dopo aver percorso un lungo tratto di corridoio senza riuscire a scoprirne il limite, Maja d’istinto apre una porta, oltre la quale, all’inizio, tutto è oscurità, ma, trascorsi, gli istanti necessari alle sue pupille per adattarsi a quell’ambiente assai più che crepuscolare, realizza di essere al centro di un’angusta e tetra stanza e di non esser lì sola.
La poca e flebile luce, raccolta da una minuscola fenditura sul soffitto, svela, accanto a lei, un regale pavone la cui sontuosa coda, malgrado i microscopici movimenti, urta ripetutamente i muri della cella.
“Mi chiamo Alfredo, mia dolce Maja, e il destino che mi è capitato è dei più amari.” Esordisce il pavone che poi prosegue: “Da quando è iniziato questo assurdo conflitto ho sempre voluto trovare un rimedio. Conoscevo il sortilegio di Morana e non riuscivo a comprendere come una sciocca e banale stregoneria si fosse potuta insinuare tanto rapidamente nelle menti e negli animi delle persone.
Dapprincipio, ho cercato di ricondurre gli uomini e le donne alla ragione perduta, ma senza successo e… alla fine, ho desistito. Attenzione, non dal perseguire il mio scopo, ma dal farlo in modo bonario.
Avevo, infatti, deciso che per contrastare il terrore avrei usato come arma altro terrore.
La mia prima azione provocò alla vittima molto dolore mentre a me, inevitabilmente, assicurò la prigione. Non mi pentii e, una volta scontata la pena, ne organizzai un’altra limitandomi però, quella volta, a lanciare un doppio segnale d’intimazione, illudendomi che in quel modo (facendo esplodere in sicurezza degli ordigni artigianali senza ferire persone) avrei evitato di ricevere una punizione esemplare. Cosa ho ottenuto? Purtroppo, niente di buono. Come vedi, le mie azioni non hanno prodotto alcun miglioramento: per gli universi non sembra esserci alcuna speranza e io sono stato condannato a una claustrofobica, definitiva e solitaria reclusione.
Sai, mia affezionatissima Maja, quella stessa giustizia che spesso sceglie di non procedere contro i potenti artefici di genocidi e devastazioni, altre volte, come nel mio caso, condanna a delle pene esorbitanti come rimanere imprigionati da vivi dentro un sepolcro. Il Tribunale ha riconosciuto in me un nemico da annientare ed ha rimodellato il diritto a suo piacere per potermi infliggere una pena tanto disumana quanto crudele. Alla fine, forse, mia cara, dolce, piccola Maja, abbiamo fallito entrambi, ma qualora tu riuscissi ancora a salvare gli universi, fai in modo che ciò che verrà dopo non possa più essere corrotto dalla magia nera di Morana. Fai in modo che nessuno impugni più un’arma, eserciti violenza, ambisca al potere e, laddove questo non fosse possibile, che la giustizia non sia mai più usata come uno strumento di tortura. Compito della giustizia è, difatti, creare armonia, pace, felicità; non di certo seppellire vivi in dei cubicoli più o meno grandi i suoi nemici, il più delle volte, diventati tali perché nati, cresciuti e vissuti in una cultura di odio e di diseguaglianza.
Esci subito da questa casa e dirigiti verso le cime delle montagne più alte, là dove dimora il ghiacciaio dello Stubai; se riuscirai a sopravvivere alla pericolosa scalata per tutti noi ci sarà ancora speranza”.
Alfredo smette di parlare e chiude i suoi occhi. Maja lo ringrazia, poi esce prima dalla stanza e, poco dopo, dalla casa. Fuori, alza lo sguardo e lo volge in direzione delle alpi più alte; quindi, senza attendere oltre, comincia la terribile ascesa.


La Valle dell’Inn 

Posted in: I luoghi visitati da Maja, Umbria, Vallate

Dipingendo la valle del Vigi

Sul far del crepuscolo Maja giunge a Sellano. Anche lì l’atmosfera è surreale; la poca gente presente in strada si muove frettolosamente mentre una macchina della polizia percorre avanti e indietro la via principale del paese. Sopra il tettuccio del veicolo un megafono ripete con voce metallica e senza soluzione di continuità: “Si prega la cittadinanza di rientrare in casa; tra 15 minuti inizia il coprifuoco; è per il vostro bene; isolati nei vostri alloggi sarete al sicuro; accendete la televisione e guardate lo sport”.

Il virus che si è diffuso in tutti gli universi non ha ancora arretrato; persino in quel piccolo borgo abitato da poche anime sopprimere la socialità sembra essere l’unico modo efficace per contrastarlo.
Maja dovrebbe trovare un alloggio ma, con i tempi che corrono, l’impresa più che ardua risulta impossibile.
Per questo motivo non si affanna a cercarlo e, data l’inquietante presenza delle forze dell’ordine, si allontana velocemente dal paese.
Su una bella radura da cui può ammirare la bellezza della Valle del Vigi monta la grande e spaziosa tenda che Mastro Tonio le aveva regalato prima di partire.
Quindi, sistema una tela sul cavalletto e si appresta a dipingere quel luogo meraviglioso e imperturbabile nelle cui infinite sfumature di verde scorge un futuro più luminoso e pieno di speranza di quel tetro presente che sta vivendo l’umanità.

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Il ristoro di Mastro Tonio nella valle di Tramonti

Mastro Tonio,  
ha percorso tante strade
della Penisola e della Costiera,
ha ammirato insenature e rade
in splendenti giornate di primavera.

Tra le case sparse di Tramonti
ha scovato un luogo incantato
di cui mai aveva ascoltato racconti
e dalla cui bellezza è stato abbagliato.

Lì ha approfittato
dell’ospitalità della gente locale
per osservare il territorio inesplorato
da una bella casa sul crinale.

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Maja e il sogno della Val d’Orcia

Val d'Orcia

Maja è stanca. Sono oramai trascorsi numerosi mesi da quando ha iniziato a cercare la sua mappa.
Ha rovistato un’infinità di documenti, ma se confrontati con tutti quelli presenti nella sconfinata libreria di Colombo, sono soltanto poche briciole. Ha paura di aver tralasciato uno scaffale, un libro o anche una semplice pagina e di aver perso in questa mancanza la possibilità di andare incontro al suo destino. Una paura che si trasforma in terrore quando le si insinua il pensiero che i sovrumani sforzi che la aspettano siano già inutili e vani, ancor prima di essere intrapresi.
Si lascia cadere a terra svuotata e si consola sognando. Immagina il suo successo e lo visualizza in una sinuosa vallata le cui calde tonalità di verde sembrano dipinte dal pennello di un macchiaiolo*. 

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